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Il marketing è una disciplina in continua evoluzione, di pari passo con gli avvenimenti sociali ed economici di un determinato paese. Saper attuare le giuste strategie, prendendo in considerazione i parametri necessari e sviluppando modelli consoni all’epoca e alle circostanze in cui ci si trova, significa essere già a metà dell’opera verso il successo del proprio marchio.

In questo articolo scopriremo le caratteristiche del cosiddetto marketing relazionale, la sua storia e come attuarlo nella maniera corretta.

Cos’è il marketing relazionale

Detto anche “relationship marketing” o “customer relationship management“, il marketing relazionale è un modello di comunicazione improntato sul soddisfacimento dei bisogni della propria clientela. L’obiettivo principale di questo approccio è, infatti, la fidelizzazione totale del cliente, insieme allo sviluppo e al consolidamento di un rapporto di reciproca fiducia tra le parti.

Mantenere un’ottima relazione con tutti gli stakeholder coinvolti, primi fra tutti i clienti, si pone come fulcro della strategia relazionale, che si plasma adattandosi ai loro desideri e alle loro richieste, soddisfacendoli e talvolta anticipandoli. Lo spirito di adattamento e la capacità di mutare rapidamente in base alle tendenze sociali e di mercato ricoprono un ruolo base nel modello di marketing relazionale, che riesce nel proprio intento grazie all’appoggio di sofisticate tecnologie e software che raccolgono ed elaborano enormi quantità di dati al fine di fornire risposte chiare e dettagliate circa la preferenze del pubblico.

Come abbiamo appurato in numerosi articoli, saper offrire all’interlocutore una soluzione concreta ai suoi problemi è in assoluto il focus principale di qualsivoglia campagna di marketing: a maggior ragione in un approccio di tipo relazionale, quest’offerta verrà realizzata in maniera dettagliata, personalizzata, indirizzandola a un target ben preciso andando a lanciare la propria comunicazione in un settore ristretto. Tale strategia di diffusione viene detta “narrowcasting“, in contrapposizione al celebre approccio “broadcasting“, ovvero di distribuzione di massa.

Il marketing relazionale, essendo bidirezionale, accoglie con piacere e incita l’interazione da parte del ricevente, denotando così una spiccata sensibilità e attenzione dell’azienda nei confronti del proprio consumatore.

L’utente può infatti rispondere, domandare, aprire un dialogo con la certezza di essere ascoltato e tenuto in considerazione: per queste ragioni, nel marketing relazionale si evidenziano diversi punti comuni con quello che è il marketing diretto.

Differenze tra marketing relazionale e marketing transazionale

Il modello del relationship marketing è andato via via consolidandosi con l’avvento di internet e delle piattaforme digitali. Prima del grande sviluppo tecnologico, l’approccio predominante della comunicazione prendeva il nome di “marketing transazionale“, ovvero quella strategia tradizionale improntata su fasi ben precise di ricerca, sviluppo e messa in atto della comunicazione.

In particolare, possiamo individuare:

1- Analisi del mercato

2- Segmentazione

3- Identificazione del target

4- Posizionamento dell’offerta

Sebbene tutte queste operazioni siano tuttora più che valide per la realizzazione di una corretta campagna di marketing, ciò che cambia è soprattutto l’obiettivo finale: la diffusione tradizionale prevedeva un approccio aggressivo, essendo rivolta a un pubblico di massa. Per farlo sfruttava televisione, radio, giornali, volantini e affissioni, con l’unico scopo di indirizzare l’ampio target verso la finalizzazione di un acquisto. In tutti i suddetti casi, il destinatario restava passivo, senza la possibilità di interagire con il mittente per esprimere il proprio feedback né fargli sapere di che cosa avesse realmente bisogno.

Nel marketing relazionale, invece, si pone grandissima attenzione verso i desideri e le richieste del cliente, coltivando il rapporto tra le due parti e impiegando tutte le risorse possibili per la sua ottimizzazione.

Un cliente soddisfatto costituisce un immenso tesoro per l’impresa, che può così contare su un passaparola positivo, una minor considerazione della concorrenza e una più alta propensione verso un nuovo acquisto dei prodotti del brand.

Sebbene sia impossibile stabilire una data di nascita dell’approccio relazionale, è comunque facile individuare le sue origini negli anni ’30 a seguito della grande depressione, quando le imprese dovettero ricominciare da zero per guadagnare la fiducia del cliente dopo la crisi.

Strategie per attuare il Marketing Relazionale

Instaurare e mantenere un ottimo rapporto con la nostra clientela ci consente, di riflesso, di ottenere in cambio una maggior fiducia nei confronti del brand e una maggior conversione delle interazioni in vendite.

L’approccio relazionale è più umano, più empatico, più vicino all’interlocutore: invece di rivolgersi a lui con un messaggio destinato a centinaia di migliaia di persone, seleziona una comunicazione specifica che lo fa sentire automaticamente ascoltato, compreso e speciale.

Un messaggio prettamente commerciale, improntato soltanto sulla conclusione di una vendita, non ha possibilità di riuscita in un mondo dove non è più tanto il prodotto ad attirare l’attenzione, quanto la storia che vi sta dietro, le circostanze da cui è nato e le personalità che lo hanno portato alla luce.

Il nostro consiglio è, pertanto, quello di prendersi del tempo per raccontare il proprio marchio evidenziando la filosofia e il concept sui quali si erge, senza spostare immediatamente tutto il focus sul mero prodotto o servizio che si sta tentando di vendere: in questo modo il cliente potrebbe percepirci come freddi, impersonali e disinteressati. Per farlo è possibile adottare strategie di storytelling e visual storytelling, come abbiamo evidenziato in questo articolo.

Se il marketing transazionale mira a ottenere successo sul breve termine, invogliando il consumatore grazie ai potenti messaggi pubblicitari, il marketing relazionale si pone come obiettivo la riuscita sul lungo termine, grazie alla fidelizzazione del pubblico ottenuta tramite il suo ascolto e il suo soddisfacimento.

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Fare storytelling significa raccontare il proprio marchio servendosi di una storia avvincente, emotiva e coinvolgente in cui i consumatori possano indentificarsi.

Avevamo già visto tutte le caratteristiche di questa strategia di marketing qui, oggi invece andremo a scoprire in che cosa consiste il visual storytelling, ovvero l’arte di raccontare una storia tramite le immagini.

Cos’è il visual storytelling e quali sono le sue caratteristiche

Raccontare una storia servendoci soltanto di parole scritte o narrate può catturare l’attenzione, ma mai tanto quanto mostrarla tramite immagini e filmati. Questi ultimi, infatti, sono in grado di suscitare ancora più reazioni ed emozioni immediate, basti pensare alla differenza di impatto di un film commovente rispetto a un libro che racconti la medesima vicenda.

Nell’era digitale, servirsi di immagini, filmati e grafiche non è mai stato tanto semplice e proficuo: grazie ai social media come strumento di marketing, è possibile sviluppare una strategia di cosiddetto visual storytelling che faccia leva sul bisogno innato dell’uomo di farsi narratore e a sua volta spettatore di una storia.

È la psicologia, infatti, a individuare nell’essere umano la necessità di riorganizzare le proprie memorie ed esperienze in una storia articolata e coerente da esternare all’interlocutore. Sfruttando lo stesso principio, il visual storytelling consente di riconoscersi nel racconto di un brand, nel suo contesto di creazione e nelle persone che lo hanno reso possibile.

Farsi spettatori di una storia narrata non soltanto a parole ma tramite immagini evoca un forte legame con l’infanzia e i ricordi più profondi: la comunicazione svolta in questo modo è più diretta, immediata ed emotiva, oltre a essere più facile da elaborare e condividere. Proprio questa è la chiave di una buona strategia di marketing attuata sui social media: la sua efficacia viene misurata nel numero di condivisioni ottenute da parte degli utenti, e quanto più si potranno immedesimare in essa tanto più alto sarà l’engagement ottenuto.

Al giorno d’oggi sono essenzialmente due le piattaforme di spicco per la messa in pratica del visual storytelling: i colossi Instagram e Pinterest. Entrambi basati sulla condivisione di immagini, rendendo marginale l’uso del testo, hanno però target e obiettivi differenti.

Pinterest si conferma oggigiorno come il miglior social network per traffico di referral link: navigando nelle sue infinite categorie e bacheche è possibile trovare pressoché qualunque prodotto o servizio, per poi venire reindirizzati al sito ufficiale da cui l’immagine è stata presa inizialmente, per concludere l’acquisto. Secondo calcoli recenti, il traffico di referral link generato da Pinterest supera quello di piattaforme come Youtube, Linkedin e Google+ messe insieme. Avevamo parlato dei programmi di affiliazione come fonte di guadagno a lungo termine in questo articolo.

Per quanto riguarda Instagram, invece, la presenza di link di affiliazione è molto più discreta, in quanto possono venire veicolati soltanto da uno dei diversi strumenti dell’app, ossia le Stories. Si tratta tuttavia del social network con il maggior numero di utenti, che si aggirano attorno al miliardo e in continua crescita. Su Instagram, l’engagment generato è ai massimi storici, calcolato sulla base di visualizzazioni, interazioni e condivisioni tra gli utenti.

Qui, inoltre, hanno un grande successo le ADV, che vengono realizzate da influencer e microinfluencer in maniera spontanea e personalizzata, in modo che gli utenti si identifichino con il brand senza sentirsi forzati.

Obiettivi del visual storytelling

L’obiettivo del visual storytelling è la narrazione di una storia incentrata sul brand e sui suoi valori, che possa rimandare al vissuto degli utenti, rievocare in loro esperienze e memorie passate e stabilire tra i due interlocutori una connessione empatica e di reciproca fiducia.

Grazie a questo legame saremo in grado di aumentare la brand awareness del marchio, facendo in modo che il pubblico si ricordi di noi, della nostra immagine, del nostro obiettivo e, chiaramente, del nostro prodotto. Avevamo visto in questo articolo tutte le migliori strategie per aumentare la brand awareness in maniera efficace.

Per riuscire in questo obiettivo è necessario seguire dei passi ben precisi e non lasciare nulla al caso: l’individuazione del target è di fondamentale importanza perché ci consente di designare il perfetto destinatario del nostro messaggio. In secondo luogo, dovremo occuparci della realizzazione di contenuti unici, originali e qualitativamente elevati, che possano catturare l’attenzione e stupire l’utente.

Utilizzare ed evocare esperienze dirette delle persone, rendendole portavoce e ambasciatrici del marchio del quale, così facendo, verrà evidenziato il lato umano, è un’altra mossa vincente che ci avvicina sempre di più alla riuscita della nostra campagna di visual storytelling.

Ultimo, ma non per importanza, è il riconoscimento di un problema specifico del pubblico, al quale si andrà a fornire una soluzione tramite il prodotto o servizio venduto: questo passo è imprescindibile non solo nei visual storytelling ma in ogni campagna di marketing che si rispetti.

Come fare visual storytelling

Abbiamo visto le ragioni e gli obiettivi che stanno alle spalle di una campagna di visual storytelling. Ma come possiamo crearla in maniera concreta? Certo, avere a disposizione grafici e videomaker può semplificare di gran lunga le cose ma, nel caso di un’azienda appena nata e ancora in via d’espansione, può essere necessario trovare soluzioni alternative senza ricorrere a figure professionali che svolgano per noi l’arduo compito.

Esistono piattaforme online molto famose e gettonate, con le quali è possibile realizzare video, infografiche, stories e immagini senza dover per forza utilizzare complicati software ed essere in possesso di una laurea in merito.

Il più famoso tra questi è senza dubbio Canva, che offre l’opzione gratuita con un numero di features limitate, oppure quella a pagamento tramite la quale si può accedere a tutti i template, font e immagini disponibili.

Dopo aver creato le immagini e i video, è ora di postarli sui social network, avendo cura, specialmente su Instagram, di conservare un’identità visiva ben definita, in modo da non distrarre l’utente dal messaggio che vogliamo veicolare. Se per esempio il nostro brand parlasse di caffé, il suggerimento è quello di mantenere tutti i post in linea con questa tematica, andando a toccare ambiti disparati ma coerenti con il prodotto venduto. Nel caso si volesse trattare sporadicamente di altri argomenti, è possibile farlo senza compromettere l’ordine del feed, andando a pubblicare, per esempio, nelle stories.

Affinché la nostra strategia funzioni, oltre all’intervento da parte nostra, avremo bisogno anche di tanta partecipazione da parte dei follower: per favorirla, dovremo assicurarci di rispondere a tutti i commenti e le domande, repostare i contenuti in cui siamo stati taggati, coinvolgerli tramite call to action mirate e pertinenti con le pubblicazioni effettuate e invitarli all’utilizzo di hashtag personalizzati in modo che la nostra storia possa diventare virale.

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