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La cosiddetta “gamification“, o ludicizzazione in italiano, è un approccio al marketing ancora poco esplorato nel nostro Paese, ma senza dubbio in via d’espansione. In questo articolo scopriremo di cosa si tratta e come applicarla al meglio.

Cos’è la gamification

Fino a non molto tempo fa, associare il concetto di “gioco” a strategie di marketing non era ben visto dai professionisti del settore, ancora molto legati alle vecchie e seriose pratiche del passato. Negli ultimi tempi, tuttavia, si stanno dimostrando con sempre più facilità tutti i benefici e i vantaggi che la ludicizzazione di determinate tematiche apporta alle aziende, e in generale agli organi che le propongono. Unita a quella delle sponsorizzazioni social, la tecnica della gamification può essere considerata una delle principali al giorno d’oggi, soprattutto in riferimento a un pubblico millennial o appartenente alla generazione Z.

Fare gamification significa, concretamente, applicare dinamiche ludiche al di fuori del contesto del gioco, e tale strategia può essere ampiamente impiegata, oltre all’ambito dell’insegnamento e dell’educazione, anche a quello della comunicazione e del marketing.

In questo caso, l’utente verrà coinvolto in un’esperienza interattiva a 360°, difficile da dimenticare, e che contribuirà all’innalzamento dell’engagement e della brand awareness.

Anche la scienza è in grado di confermare i numerosi aspetti positivi della gamification: tali meccanismi fanno leva sulla produzione di dopamina da parte del cervello, ovvero il neurotrasmettitore incaricato di sollecitare le sensazioni di piacere, amore, attenzione e memoria.

Più un utente (cliente) sarà felice e soddisfatto della sua esperienza “ludicizzata” con l’azienda, e più le possibilità di quest’ultima di accrescere la propria notorietà saranno elevate.

Obiettivi della gamification

Come accennato in precedenza, l’obiettivo ultimo dell’azienda che adotta un approccio di ludicizzazione è il coinvolgimento totale dell’utente, le cui necessità verranno così soddisfatte sia sul breve che sul lungo termine. Prendendo in prestito certe dinamiche dai videogiochi, come il superamento di livelli, lo sblocco di badge, l’ottenimento di premi e riconoscimenti, la gamification entra a far parte delle strategie di marketing facendo leva su caratteristiche umane innate come la competitività, la curiosità, la paura di perdere i propri privilegi e il senso di comunità.

Alcuni esempi di gamification alle sue origini sono le raccolte punti e i concorsi a premi che ormai da decenni le aziende attuano per fidelizzare la clientela. In questo modo il consumatore riceve gratificazioni frequenti, rendendo più semplice e piacevole il cammino verso la meta finale. Tale tipologia di approccio viene detta “user centered” in quanto la persona e le sue azioni vengono sempre messe al centro dell’attenzione, affinché possano venir registrate dal brand e utilizzate come parametri per il miglioramento delle strategie di marketing.

Come fare gamification: esempi che hanno fatto la storia 

Fare gamification al giorno d’oggi risulta quasi del tutto naturale, una conseguenza inevitabile dell’avanzamento della tecnologia e del progresso: le nuove generazioni nascono già immerse nel mondo digitale, e sono quindi abituate a dinamiche ben differenti da quelle di appena qualche decennio fa. Integrare la ludicizzazione nel mondo del marketing significa realizzare tutorial e presentazioni dei nuovi prodotti e servizi, ideare programmi fedeltà sempre più innovativi e accattivanti, garantire un’assistenza post vendita efficace e intrattenere il cliente durante tutto il processo di vendita.

Così facendo l’utente si sentirà al centro dell’attenzione, coinvolto, importante. L’utilizzo della psicologia del comportamento e di un sistema statistico ben preciso sono punti cardine per la buona riuscita della gamification, che può funzionare soltanto se studiata adeguatamente e monitorata durante tutte le sue fasi.

Un esempio lampante di ludicizzazione degli ulti anni è la “Battaglia dei Sapori” indetta da Fanta nel 2019, quando coinvolse tutto il suo pubblico spagnolo nella votazione sui social della miglior variante di Fanta dell’estate. L’utente assume così un ruolo attivo invece di subire passivamente le scelte be i cambiamenti indetti dall’azienda, tramutando un’esperienza di storytelling in una vera e propria storydoing.

Un altro esempio di gamification ben riuscita è quella realizzata dall’app di incontri Tinder: sin dal suo lancio nell’ormai “lontano” 2012, l’app si è confermata vincente grazie all’interfaccia giocosa e colorata, e alle sue funzioni molto simili a quelle dei videogiochi interattivi. Mentre gli altri siti d’incontri disponibili sino a quel momento facevano degli algoritmi il loro punto di forza, a discapito di un’interfaccia per desktop alquanto noiosa e austera, Tinder si è insinuato sul mercato senza la pretesa di apportare una nuova tecnologia o nuovi strumenti che garantissero un miglior risultato in termini di match. La famosa app di incontri, infatti, ha fatto molto di più, rivoluzionando per sempre il mondo del dating online: l’intero processo di iscrizione e ricerca della propria “anima gemella” è stato reso giocoso e divertente grazie alle funzioni “swipe” e alla possibilità di guadagnare premi e badge in base alla propria notorietà e completezza del profilo. Insomma, un’impresa di ludicizzazione senza precedenti, che ha aperto la strada a decine di altre app con la medesima impronta di funzionamento.

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